Numero 3 – 2020
Quando controllare significa risparmiare
Monitoraggio produzione e prelievi da rete per gestire bene l’energia in azienda
Con questo articolo prendiamo in considerazione l’aspetto della “gestione dell’energia” e dimostriamo come una maggiore attenzione possa portare delle ricadute economiche importanti, eliminando costi consistenti che possono passare completamente inosservati anche per lunghi periodi. Per chi ha autoproduzione (cogenerazione, fotovoltaico ecc.) si tratta di monitorare la propria produzione assieme al proprio consumo, mentre per chi ha solo consumo si tratta di farsi controllare le fatture, attività che prevede l’analisi delle curve di carico per individuare errori da parte del distributore (o fornitore) e per capire come gestire il proprio impianto di produzione.
Prendendo spunto da alcuni casi reali registrati da PTE, cerchiamo quindi di sensibilizzare i nostri clienti in merito ad alcuni dei benefici ottenibili grazie all’analisi dei flussi energetici.
ATTIVITA’ DI MONITORAGGIO – Degrado delle performance di un impianto di produzione
Nel caso di installazione di un impianto fotovoltaico, l’analisi nel dettaglio dei dati di produzione è fondamentale per poter evidenziare eventuali guasti nella produzione o crolli di rendimento. Dalla raccolta dei dati di produzione istantanea, dalla loro normalizzazione rispetto alle condizioni atmosferiche e dal loro confronto con la produzione in condizioni ottimale si possono facilmente identificare eventuali guasti ad uno o più moduli o ai diodi di bypass della stringa. Si può anche riscontrare un calo delle performance dell’impianto dovuto al naturale degrado delle celle o alla presenza di sporco sulla superficie del modulo, segnalando in questo caso la necessità di manutenzione.
È cosa nota che la tempestiva identificazione di un guasto (anche parziale) o di un degrado delle performance dell’impianto può evitare considerevoli perdite economiche date dalla mancata produzione dell’impianto.
Nel caso reale proposto (impianto fotovoltaico policristallino) si può vedere come la produzione effettiva registrata nel 2016, normalizzata rispetto alla radiazione incidente sul piano inclinato del modulo, sia superiore alla produzione attesa, solitamente sottostimata a favore di sicurezza. L’analisi dei dati di produzione di maggio-luglio 2018 ha invece evidenziato una produzione inferiore a quella attesa dovuta al guasto di alcuni diodi di bypass che escludevano permanentemente gruppi di celle anche in condizione di pieno irraggiamento diretto.
ATTIVITA’ DI VERIFICA DELLE FATTURE – Controllo dei carichi
CASO 1 – Errore da parte del distributore nel calcolo del picco di potenza
L’analisi delle curve di carico di un’utenza permette di definire l’andamento della domanda di potenza elettrica nelle varie ore della giornata, evidenziare le differenze tra giorni feriali e festivi e definire eventuali carichi di base. Qualora l’energia rivesta un ruolo importante sulla produzione può essere usato come indicatore di eventuali incrementi/cali produttivi attraverso il confronto della curva con un riferimento.
Permette infine di evidenziare eventuali anomalie dovute ad interruzioni di tensione o simili.
Il grafico proposto riporta le curve di prelievo ogni quarto d’ora di un’utenza media tensione con circa 2 MW di potenza disponibile. Le curve sono state fornite da un distributore ed usate per la fatturazione di febbraio. L’intervallo di 15 minuti è importante ai fini delle tariffe elettriche applicate, in quanto il valore massimo della potenza richiesta, è valutato come il valore più alto della media della potenza assorbita ogni quindici minuti.
Risulta evidente un’anomalia relativa al prelievo di energia elettrica da rete del 17 febbraio. La curva del giorno presenta un picco molto accentuato la mattina (step 43) seguito, nel pomeriggio (step 60), da un “buco” della stessa intensità. In termini di consumo mensile la variazione risulta essere nulla, ma all’utenza è stata fatturata una potenza massima mensile di 2648 kW a fronte dei reali 1948 kW. Ciò ha determinato per l’utenza una maggior spesa pari ad € 3.100 e il rischio di dover sostenere, in caso di un secondo sforo di potenza disponibile nel corso dell’anno, un adeguamento di potenza per un importo di oltre € 35.000.
CASO 2 – Contemporaneità dei carichi da ottimizzare
Programmare le attività produttive distribuendo nel tempo la richiesta di potenza delle varie macchine non incide direttamente sul consumo complessivo, se non limitatamente alle maggiori perdite nell’impianto per effetto Joule. I benefici riscontrabili sono invece connessi a fattori impiantistici, dove l’aumento di potenza impegnata necessariamente si accompagna a trasformatori, cavi e componenti elettriche più grandi e costosi. Il beneficio si riscontra poi a livello di fatturazione dell’energia elettrica, dove parte degli oneri di rete sono definiti in funzione della potenza massima mensile impegnata.
In relazione a quest’ultimo punto si vuole evidenziare l’andamento giornaliero del prelievo da rete al quarto d’ora di un’utenza i media tensione nel mese di febbraio. Dall’analisi del grafico, appare evidente come il carico “base” sia circa 50 kWh in 15 minuti che si traduce in 200 kW di potenza ad impianto in funzione.
I consistenti scostamenti dal carico base, anche se rari e di breve durata (tre sono degni di segnalazione), comportano valori di consumo nei 15 minuti che salgono sino ai 275 kWh del 27 febbraio traducendosi in una potenza massima mensile impegnata di 1100 kW e una spesa mensile in fattura di circa € 4.600 maggiore rispetto al prelievo di 50 kWh corrispondente ai 200 kW.
In questo caso è in fase di studio la possibilità di ottimizzare la gestione dei macchinari intervenendo sul fattore di contemporaneità.
Proroga della scadenza della nomina dell’energy manager
Posticipata la scadenza di comunicazione on-line prevista per il 30 aprile
Nella scorsa newsletter avevamo trattato l’argomento della nomina dell’energy manager e avevamo avvisato della consueta scadenza (per la nomina) da eseguire entro il 30 aprile 2020.
Questa scadenza non è più valida. Infatti, tenendo conto di quanto previsto dall’articolo 103 comma 1 del decreto legge 17 marzo 2020 n. 18 (c.d. decreto Cura Italia), come convertito in legge, il termine previsto dall’art.19 della legge 9 gennaio 1991 n. 10 per la presentazione della nomina dell’energy manager per il 2020 è posticipato.
Stante l’attuale quadro legislativo in via di definizione, e in particolare tenuto conto del fatto che il decreto legge 8 aprile n.23 all’art. 37 (c.d. decreto Liquidità) andrebbe a prolungare ulteriormente la scadenza in oggetto, sarà nostra cura informarvi nelle prossime settimane in merito alla scadenza effettiva, che comunque non cadrà prima del 21 giugno.
Sul sito della F.I.R.E. sono disponibili le Linee guida FIRE per la comunicazione della nomina dell’Energy manager e un foglio di calcolo di supporto per la pre-valutazione dei consumi energetici.
Polo Tecnologico per l’Energia può svolgere questo servizio per le proprie imprese.
La mancata riforma dei processi di conferimento della capacità giornaliera per il settore del gas naturale (metano)
L’entrata in vigore della riforma è stata posticipata al 1° ottobre 2021
Per le utenze con un contratto di fornitura in formula binomia il costo della materia prima è diviso in due parti:
• un costo variabile in funzione del gas consumato (espresso in c€/m3)
• un costo denominato Termine fisso (espresso in €/mese).
Il valore del Termine fisso mensile è calcolato sulla base della Capacità giornaliera, ovvero la quantità massima di gas che è possibile prelevare in un giorno da un punto di connessione alla rete di distribuzione.
Attualmente la normativa prevede che la Capacità giornaliera sia definita dall’utente, sulla base della previsione di consumo e comunicata al fornitore in fase di stipula del contratto. Se durante il periodo di fornitura viene consumato più gas oltre la Capacità giornaliera (aumentata di un 10% di tolleranza) è possibile incorrere in penali di importi anche molto elevati.
In alcuni casi, questo scenario può avvantaggiare le società di vendita locali rispetto a quelle meno presenti sul territorio. Infatti, i fornitori locali, che spesso hanno un maggior numero di clienti in una determinata zona e quindi una maggior capacità prenotata, potrebbero decidere di ridurre formalmente la Capacità giornaliera contrattuale ad un nuovo cliente nella medesima zona, annullando però le penali. La conseguenza sarebbe un Termine fisso inferiore rispetto a quello applicato da altri fornitori e un prezzo medio quindi più basso.
L’Autorità, che ha anche il compito di salvaguardare il mercato libero, ad aprile dello scorso anno, ha pubblicato la Delibera 147/2019/R/GAS con lo scopo di introdurre una riforma dei processi di conferimento della capacità ai punti di uscita e di riconsegna della rete di trasporto per le utenze gas su rete di distribuzione locale.
Questa riforma ha conseguenze dirette sulla stipula dei contratti:
1. la Capacità giornaliera diventa un dato uguale per tutti i fornitori e calcolato in automatico dal SII (Sistema Informativo Integrato) in base ai consumi storici. Di conseguenza il Termine fisso, calcolato sulla base delle tariffe di trasporto, non è più un elemento negoziale per i fornitori, ma diventa un costo passante.
2. Non dovrebbero più essere applicate delle penali per il superamento della Capacità giornaliera a vantaggio economico per gli utenti che per non correre rischi hanno spesso definito un valore di capacità prudenziale e sovrastimato, a fronte di un costo fisso maggiore.
La predetta riforma sarebbe dovuta entrare in vigore dal 1° ottobre 2020, ma a causa della contingente situazione e della segnalazione di alcuni operatori di mercato, la recente Delibera ARERA 110/2020/R/GAS del 1° aprile 2020 ha spostato la decorrenza di quanto sopra descritto al 1° ottobre 2021.
Fino ad allora si dovrà continuare a determinare in autonomia valori di Capacità giornaliera adeguati, ricordando di non superare tale soglia per non incorrere in penali. Una particolare attenzione va posta ai contratti già sottoscritti, che riportavano già la riforma appena presentata per un periodo successivo al 1° ottobre 2020. Consigliamo di verificare che i dati contrattuali di Capacità giornaliera, se riportati, siano adeguatamente calcolati in previsione dei prossimi consumi. In caso contrario è consigliabile contattare subito il fornitore per sistemare la situazione, prima di ricevere la sorpresa di qualche penale.
Iniziative dei fornitori di energia elettrica e gas ai tempi del COVID-19
Così come successo per altri settori, anche il settore dell’energia non ha fatto mancare il suo supporto e iniziative di solidarietà
In un momento dove tutti siamo colpiti dalle conseguenze tragiche dovute alla pandemia del Coronavirus, non sono mancate le iniziative di solidarietà da parte delle aziende piccole e grandi dei più disparati settori o di singoli cittadini famosi e non, specialmente verso quelle fasce della società più colpite e le fasce più deboli della popolazione.
Non potevano dunque mancare all’appello le aziende del settore energia che, in virtù del loro ruolo di fornitori di servizi essenziali, (energia elettrica, gas naturale e risorse idriche) possono avere anche un impatto più diretto in termini di aiuto e supporto sulle aziende e sulle famiglie loro clienti. Risultano importanti le donazioni, ma anche iniziative specifiche, di tutela nei confronti dei propri clienti e nei confronti dei propri stessi dipendenti. Tra le iniziative più popolari possiamo trovare: l’attivazione di polizze assicurative a beneficio dei dipendenti per chiunque dovesse contrarre il coronavirus, le interruzioni delle attività di sospensione delle forniture energetiche, il rinvio dei pagamenti delle bollette, l’applicazione di sconti o tariffe agevolate in bolletta e il blocco dell’applicazione di interessi passivi per i ritardati pagamenti, oltre alle donazioni per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale, attrezzatture e macchinari per i reparti di terapia intensiva e per l’ allestimento di nuovi ospedali.
Per finire, di seguito pubblichiamo una raccolta, probabilmente non esaustiva, delle iniziative dei fornitori nei confronti di clienti, dipendenti e relative alle donazioni e iniziative verso la comunità.
Tabella 1: Lista delle iniziative dei fornitori nei confronti dei propri dipendenti
Tabella 2: Lista delle iniziative dei fornitori nei confronti dei propri clienti
Tabella 3: Elenco delle donazioni dei fornitori verso la comunità
Orientamenti dell’Autorità per Comunità energetiche e autoconsumo collettivo
Previsto un modello virtuale per semplificare e superare i numerosi ostacoli presenti
L’Autorità, con il documento di consultazione 112/20/R/el, riprende in esame un argomento d’attualità, ovvero quello delle comunità energetiche, aprendo la possibilità ai soggetti interessati di far pervenire all’Autorità considerazioni e proposte entro il 9 maggio 2020. In attuazione a quanto disposto dall’articolo 42bis del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (coordinato con la legge di conversione 28 febbraio 2020, n. 8), l’Autorità riporta gli orientamenti in materia di regolazione delle partite economiche relative all’energia elettrica oggetto di autoconsumo collettivo o di condivisione nell’ambito di comunità di energia rinnovabile.
Le comunità energetiche, definite come insieme di soggetti appartenenti ad un’area geografica ben definita e aventi il diritto di produrre, consumare, immagazzinare e scambiarsi energia prodotta da fonte rinnovabile, erano state introdotte, a livello italiano, con la delibera 162/19 che volutamente non affrontava numerose questioni, sia a livello tecnico che di regolamentazione.
Con questo documento l’Autorità inizia a definire alcuni requisiti e caratteristiche che le utenze finali devono soddisfare per poter costituire un modello efficiente di autoconsumo collettivo. Vengono inoltre affrontate alcune problematiche tecniche ed economiche connesse alla creazione di aggregati locali di consumatori e produttori.
Innanzitutto, rispetto a quanto proposto fino ad ora, le comunità energetiche vengono divise su base geografica in due tipologie, con caratteristiche e benefici differenti.
1. Autoconsumo collettivo: è un gruppo di almeno due autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente e si trovano nello stesso edificio o condominio. Essi possono anche installare e gestire sistemi di stoccaggio dell’energia elettrica abbinati a impianti di generazione di energia elettrica rinnovabile, ma l’impianto di produzione rinnovabile e le utenze di consumo si dovranno trovare nello stesso luogo.
2. Comunità di energia rinnovabile: sono soggetti giuridici che aggregano su base aperta e volontaria consumatori e produttori, il cui vincolo geografico è l’appartenenza alla medesima sottostazione di trasformazione MT/BT e quindi, rispetto all’autoconsumo collettivo, con vincolo geografico che risulta essere molto meno stringente. I membri aventi diritto alla costituzione di queste comunità sono persone fisiche, piccole e medie imprese ed autorità locali, comprese le amministrazioni comunali.
L’Autorità prevede una distinzione dei soggetti produttori di energia elettrica da fonte rinnovabile:
• nel caso di “autoconsumo collettivo”, i produttori devono essere membri della comunità di autoconsumo stessa o soggetti terzi per cui la produzione di energia elettrica non sia l’attività principale;
• nel caso di “comunità di energia rinnovabile” anche soggetti terzi, la cui attività principale sia la generazione di energia elettrica, possono essere inclusi.
Per entrambe le categorie, gli impianti con potenza nominale superiore ai 200 kW o entrati in esercizio prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 162/19, cioè il 1° marzo 2020, non possono essere i soggetti produttori.
Al fine di promuovere la costituzione delle comunità energetica, l’Autorità prevede delle semplificazioni:
• obbligo da parte dei distributori locali di mettere a disposizione le infrastrutture esistenti ed intervenire dove possibile per creare una rete di smart metering idonea alla gestione dei nuovi flussi energetici. Questo si traduce principalmente nell’ammodernamento dei contatori delle singole utenze finali al fine di poter disporre di dati di misura bidirezionali, separando prelievi da rete, autoconsumo ed energia immessa in rete;
• obbligo di individuare un rappresentante per interfacciarsi con il GSE; tale soggetto deve essere un produttore;
• nomina del GSE come ente regolatore e di controllo con compiti di registrazione delle domande di costituzione di comunità energetiche, verifica dei requisiti per la partecipazione ed erogazione dei contributi previsti, sia per i benefici legati all’autoconsumo sia per l’incentivazione alla produzione di energia da fonte rinnovabile.
Un passo importante è infine rappresentato dalla proposta di quantificazione economica dei benefici derivanti dalla costituzione di comunità efficienti di consumo.
In questa prima fase, le utenze facenti parte di una comunità energetica dovranno sostenere i costi fissi del sistema, indipendenti dall’uso o meno di energia e dall’efficienza con cui questa è prodotta. Potranno invece beneficiare di agevolazioni dovute al minor impiego delle reti di trasporto. A titolo indicativo, il beneficio previsto per le utenze in BT è quantificato in circa 0,822 c€/kWh per la quota parte di energia prodotta ed autoconsumata in sito.
Per quanto riguarda l’autoconsumo collettivo, viene ipotizzato il riconoscimento di un ulteriore beneficio legato al pressoché totale non utilizzo delle reti. In modo approssimato, si potrebbe assumere che la quantità di perdite evitate riconoscibili sia pari all’1,2% in caso di impianti connessi alle reti di media tensione e al 2,6% in caso di impianti connessi alle reti di bassa tensione. Le perdite evitate possono essere valorizzate come prodotto tra il prezzo zonale orario, il coefficiente moltiplicativo delle perdite e la quantità di energia elettrica, pari al minimo tra l’energia elettrica immessa e l’energia elettrica complessivamente prelevata dai punti di connessione.
A completamento dell’analisi dei benefici derivanti dalla creazione di comunità energetiche, l’Autorità riconosce i potenziali vantaggi in termini di quota potenza transitante sulle reti, ma in mancanza di dati certi ed effettivi, si riserva di valutare in un secondo momento l’introduzione di eventuali agevolazioni in questa direzione.
Per concludere, si propone un esempio di comunità energetica di autoconsumo collettivo al fine di evidenziare con un caso pratico gli eventuali benefeci dati dalla costituzione della stessa.
L’esempio proposto si focalizza su un condominio, al cui interno ci sono 4 unità di consumo (C, D, E, F), un’unità di consumo condominiale che con un proprio impianto di produzione forma un SEU entrato in funzionamento prima del 1° marzo 2020 (B) ed un impianto fotovoltaico (A) la cui registrazione presso il GSE sia successiva al 1° marzo 2020.
Sulla base di quanto finora esposto, indipendentemente dai soggetti che scelgono di fare parte del gruppo di autoconsumo collettivo, la quantità di energia elettrica per la quale, su base oraria, viene restituita la parte variabile delle tariffe di trasporto e di distribuzione (convenzionalmente calcolata come sopra riportato e pari, per l’anno 2020, a 0,822 c€/kWh) è pari al minimo tra:
• la somma dei prelievi misurati in corrispondenza dei punti di connessione B, C, D, E, F. Nel caso del punto di prelievo B si parla di prelievo al netto della produzione del SEU autoconsumata. Gli eventuali prelievi attraverso il punto di connessione A non sono rilevanti, in quanto essi non sono gravati delle tariffe di trasporto.
• le immissioni misurate solo in corrispondenza del punto di connessione A (infatti l’impianto sotteso al punto di connessione B è stato realizzato prima del 1° marzo 2020).
Verrebbe altresì riconosciuto un importo che tiene conto delle minori perdite di rete, pari al prodotto tra il 2,6% della stessa quantità di energia elettrica di cui sopra e il prezzo zonale orario.
Tutto fermo per le imprese gasivore
L’iter per allineare il costo finale del gas per i consumatori industriali italiani e nord europei è ancora bloccato
Come avevamo già introdotto l’argomento nella Newsletter n. 2 del 2018, con il Decreto ministeriale del 2 marzo 2018, il ministro Calenda, in applicazione della Legge europea n. 167 del 2017 commi 1 e 2, aveva avviato l’iter di revisione del sistema dei corrispettivi pagati dalle imprese industriali a forte consumo di gas naturale, al fine di stabilire un sistema di agevolazioni analogo a quello previsto per le imprese energivore e finanziare le misure di decarbonizzazione.
Ai fini del DM, sono considerate imprese a forte consumo di gas le imprese che hanno un consumo medio di gas naturale, calcolato nel periodo di riferimento, pari ad almeno 94.582 Sm3/anno, e che rispettano uno dei seguenti requisiti:
1. operano nei settori dell’Allegato 3 alle Linee guida CE;
2. operano nei settori dell’Allegato 5 alla Linee guida CE e sono caratterizzate da un indice di intensità gasivora positivo determinato, sul periodo di riferimento (nell’anno n è il periodo che va dall’anno n-4 all’anno n-2), in relazione al VAL (Valore Aggiunto Lordo), non inferiore al 20%.
È poi previsto come, a decorrere dal 1° luglio 2018, le imprese con consumi superiori a 1 milione di Sm3/anno che utilizzano il gas naturale totalmente, o per almeno l’80%, come materia prima per uso non combustibile saranno esonerate dal pagamento delle componenti tariffarie RET (trasporto) e RE (distribuzione).
Dal 2018 non sono più stati emanati, da parte del Ministero con il supporto di ARERA, i decreti attuativi che avrebbero dovuto definire i livelli di agevolazione spettanti alle imprese a forte consumo di gas naturale, da calcolare sulla base del livello di intensità energivora.
Energivori: incentivi solo per imprese manifatturiere
Il Consiglio di Stato conferma la misura solo per il settore manifatturiero e non la considera aiuto di Stato
Il Consiglio di Stato il 16.04.2020 ha pubblicato la sentenza n. 02437/2020 che ha confermato la sentenza del Tar della Lombardia n.3094/2014 che aveva respinto i ricorsi (n. 2403/2015) di Federdistribuzione e di una serie di società del settore della Gdo contro le delibere dell’Autorità n. 641, 605 e 467 del 2013 e contro il decreto Mise del 5 aprile 2013. Gli argomenti sollevati erano i seguenti:
• la definizione di impresa energivora introdotta è considerata troppo restrittiva e determina l’illegittima esclusione delle imprese della grande distribuzione dai benefici fiscali e dalla rideterminazione degli oneri generali del sistema elettrico;
• vi sono dubbi sugli incentivi applicati agli oneri generali, considerati al pari di sgravi fiscali sul consumo di energia elettrica e in questo modo non classificati come aiuti di Stato.
Il CdS ricorda in proposito il pronunciamento della Corte Ue del gennaio 2017, secondo cui “gli Stati membri sono liberi di limitare il beneficio di sgravi fiscali” alle imprese “di uno o di più settori industriali” e in particolare che il riconoscimento delle agevolazioni alle imprese operanti nel settore manifatturiero “si giustifica per il tipo delle attività che le stesse svolgono, connotate dalla circostanza che l’energia costituisce un costo non comprimibile”.
E “sebbene possa sollevarsi qualche dubbio in ordine alla qualificabilità, o meno, degli oneri generali in questione come imposte indirette ai sensi degli articoli. 4, paragrafo 2, della Direttiva 2003/96/CE e 1, paragrafo 2, della Direttiva 2008/118/Cee”, la Corte “ha riservato la relativa valutazione finale al giudice nazionale”.
Il CdS respinge quindi le istanze della Gdo.
In seguito a questa sentenza, per le richieste giunte da vari soggetti per poter ampliare la platea delle imprese energivore, si prevede un difficile prosieguo.
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