Newsletter 7 – 2016
L’odissea delle imprese energivore
L’impegno del Governo: entro fine 2016 si farà chiarezza
L’argomento dei contributi alle imprese energivore è stato trattato in più occasioni, condividendo quella che è stata la sua travagliata evoluzione. Ora sembra di essere vicini ad una conclusione, ma non c’è ancora nulla di certo. Il MiSE si è infatti espresso a riguardo ed entro fine 2016 dovrebbe uscire un provvedimento volto a sanare la difficile situazione in cui tante imprese italiane si sono trovate.
Oltre al danno per il mancato recepimento di un contributo economico che molte imprese avevano già inserito a bilancio, va sottolineato come la non conformità alla normativa UE, del disposto legislativo sulle agevolazioni alle imprese energivore in tema di aiuti di stato, abbia creato un problema anche fiscale. In molti casi, è stato infatti portato a reddito un ricavo certo e quantificabile sulla base di una Legge dello Stato e su di esso sono state pagate le relative imposte. Ora le imprese energivore vivono nell’incertezza anche sotto il profilo fiscale essendo diventato incerto ciò che era certo all’atto della chiusura del bilancio.
Si riporta il link al video dell’audizione del Ministro Calenda in merito alle linee programmatiche del suo Dicastero, tenuta mercoledì 5 Ottobre 2016 di fronte alle Commissioni congiunte Industria Senato e Camera. In particolare dal minuto 37 al minuto 39 si parla della situazione del rimborso alle imprese energivore.
Per qualsiasi novità in merito invieremo comunicazione tempestiva a tutti i nostri clienti.
Gli aumenti in bolletta tra anomalie e possibili soluzioni
Proponiamo l’intervista di Reteambiente al prof. Maurizio Fauri sul tema degli oneri di dispacciamento
Gli aumenti degli oneri di dispacciamento nel corso del 2016 hanno portato l’Autorità a riformare la materia. Reteambiente ha voluto far capire il motivo di tali aumenti tramite un’intervista, a Maurizio Fauri di Polo Tecnologico per l’Energia e docente dell’Università di Trento, in cui tiene un corso specifico sul dispacciamento. Riproponiamo l’intervista in forma integrale.
Professor Fauri, gli aumenti legati al costo del dispacciamento negli ultimi mesi sono stati al centro di un acceso dibattito. Lasciando da parte per un momento le questioni legate alla sospetta speculazione operata dai grossisti sul MSD, ci può spiegare cosa accade dal punto di vista tecnico? Prima di tutto, che cosa è il dispacciamento?
La frequenza della rete elettrica rimane costante se la potenza attiva prodotta dagli impianti corrisponde esattamente alla potenza assorbita dai carichi. Per questo, Terna, che è l’operatore nazionale che gestisce le reti per la trasmissione dell’energia elettrica, svolge il compito di mantenere un costante equilibrio tra la potenza prodotta o importata dall’estero e quella prelevata dalla rete ossia quella richiesta dai consumatori. Offerta e domanda devono quindi essere sempre in costante equilibrio, garantendo così la continuità e la sicurezza della fornitura del servizio. La gestione dei flussi di potenza sulla rete per mantenere tale equilibrio viene denominata dispacciamento.
Queste attività tecniche di compensazione istantanea tra domanda ed offerta comportano degli oneri che vengono aggiornati periodicamente mediante deliberazione dell’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas ed il Settore Idrico (AEEGSI) e di Terna stessa e sono fatturati dal fornitore nella bolletta elettrica.
Come e perché i vincoli di rete possono far aumentare il valore degli oneri di dispacciamento e dove si situano i nodi di rete critici che causano questa lievitazione di prezzi?
L’incremento dei costi del dispacciamento rispetto a qualche anno fa è in parte fisiologico per la maggiore presenza di fonti rinnovabili, che per loro natura non sono completamente programmabili e regolabili, nonché per il diverso o minore impiego degli impianti tradizionali. Basti pensare che la produzione da fonti rinnovabili è cresciuta del 70%, passando da 63 TWh (miliardi di kWh) del 2008 a 108 TWh nel 2015; in particolare, la copertura del fabbisogno annuo da parte delle fonti rinnovabili è passata dal 18% nel 2008 al 34% nel 2015, fino a raggiungere quote molto significative di produzione da fonti rinnovabili nei momenti di picco di produzione.
Permangono però vincoli tecnologici in alcune zone del Paese e l’esigenza di mantenere adeguati livelli di regolazione della tensione e della frequenza con conseguenti maggiori costi di dispacciamento. Terna, a partire dal 2004, ha investito circa 10 miliardi di euro finalizzati alla sicurezza del sistema e alla integrazione di fonti rinnovabili attraverso interventi di rinforzo, riclassamento della rete, realizzazione di strumenti per il controllo della tensione di rete e dei flussi di energia. Questo è un impegno importante, ma dovrà essere incrementato negli anni seguenti.
Le sospette speculazioni sono certo sgradevoli, ma, dal punto di vista delle leggi di mercato – a meno di conclusioni diverse in seguito agli accertamenti del TAR – sono di fatto “lecite”. Quali le possibili soluzioni per evitarle? E la generazione distribuita da fonte rinnovabile potrebbe rappresentare una concreta via d’uscita? E, se sì, come?
Come riscontrato dall’Autorità con il DCO 316/2016/R/EEL, negli ultimi anni, pur nel rispetto della disciplina vigente, si sono evidenziate strategie di programmazione dei consumi da parte di alcuni operatori di mercato non coerenti con i principi di diligenza, prudenza, perizia e previdenza che dovrebbero caratterizzare il comportamento di un operatore nell’ambito del servizio di dispacciamento. Le ricadute economiche hanno comportato un beneficio per tali operatori ed un aumento degli oneri di dispacciamento a carico del sistema elettrico (e quindi di tutti i consumatori). Quindi un fattore da regolamentare riguarda sicuramente la normativa.
La generazione distribuita da fonte rinnovabile potrebbe rappresentare una concreta via d’uscita, a patto di risolvere tutte quelle criticità legate a connessioni e capacità di trasporto. Si pensi, ad esempio, al potenziamento dell’elettrodotto sottomarino fra Sicilia e Calabria (linea Sorgente-Rizziconi). Prima di esso, in presenza di vento forte e costante, per evitare scompensi alla rete elettrica della Sicilia, venivano bloccati gli aerogeneratori. I loro gestori dovevano essere comunque remunerati per la mancata produzione ed il costo lo pagava la collettività con un aumento dei costi di dispacciamento. Ora gli aerogeneratori possono continuare a produrre energia verso la penisola, senza gravare quindi sugli oneri di dispacciamento.
La provvisorietà degli oneri di sistema
La normativa attuale prevede che gli oneri di sistema siano fatturati a titolo di acconto e salvo conguaglio
All’interno del fitto groviglio normativo che impatta sugli oneri di sistema, alcuni dei principali provvedimenti normativi si sono inevitabilmente sovrapposti nel susseguirsi degli anni. Un solo elemento, di rilevante importanza, è rimasto sempre invariato: la caratteristica provvisorietà di questi stessi oneri. Attualmente, in merito al procedimento avviato per la riforma degli oneri di sistema, l’Autorità ha confermato che i valori delle componenti tariffarie a copertura degli oneri generali del sistema elettrico continuano ad essere applicati in via provvisoria alle utenze non domestiche. Con L’articolo 3, comma 2, lettera b), del decreto-legge n. 210/15, come convertito con la legge n. 21/2016, viene inoltre ribadito anche che saranno applicati a titolo di acconto e salvo conguaglio, da effettuare secondo le modalità che saranno definite solo a conclusione del sopra citato procedimento. La speranza è che si possa giungere al più presto a una situazione di stabilità e certezza anche in merito a questo aspetto fin troppo incerto.
Centrali idroelettriche su acquedotti
Una soluzione per produrre energia a basso impatto ambientale e sfruttando un’infrastruttura esistente
Il panorama italiano delle centrali idroelettriche vede ormai completamente sfruttato il potenziale delle centrali di grossa taglia. Risulta invece un elevato potenziale ancora disponibile nelle applicazioni di piccola taglia, le quali sfruttano normalmente principi di realizzazione simili a quelli di grossa taglia.
Polo Tecnologico per l’Energia ha già realizzato numerosi progetti e realizzazioni di impianti idroelettrici di piccola taglia, maturando esperienza progettuale, tecnico/costruttiva e di direzione lavori, tra cui la gestione degli iter autorizzativi connessi ad un impianto di questo tipo.
In linea generale la centrale idroelettrica trasforma l’energia idraulica di un corso d’acqua, in energia elettrica. Tradizionalmente, lo schema funzionale comprende l’opera di sbarramento, che intercetta il corso d’acqua creando un invaso dove è tenuto un livello pressoché costante dell’acqua. Attraverso condotte forzate, l’acqua è convogliata nelle turbine che collegate ad un alternatore trasformano l’energia meccanica (potenziale) ricevuta dalla turbina in energia elettrica.
Normalmente sono quindi necessarie un certo numero di opere di ingegneria civile per poter realizzare questo tipo di impianti.
Esiste anche un altro modo per ricavare energia idroelettrica con un ridotto impatto sull’ambiente e sfruttando le risorse disponibili sul territorio mediante l’utilizzo dell’acqua degli acquedotti potabili. Infatti, in tutti i casi in cui si ha una rete di acquedotti, è già disponibile un sistema di condotte forzate atte alla distribuzione della risorsa idrica alle utenze. In questi casi l’acqua, a destinazione potabile, arriva all’utenza con una pressione eccessiva e, per essere utilizzata preservando il sistema delle condutture, gran parte della sua energia idraulica deve essere addirittura dissipata mediante delle valvole di riduzione della pressione.
L’energia residua e quella dissipata, anziché essere sprecate, possono essere trasformate in energia elettrica, inserendo nella condotta una turbina idraulica con generatore elettrico.
Una realizzazione di questo tipo offre quindi il vantaggio che l’impianto a divenire è parzialmente già costruito: l’opera di presa, la condotta ecc. solitamente sono già stati realizzati permettendo così un notevole risparmio di costi e d’impatto ambientale.
Un impianto idroelettrico posto su un acquedotto potabile ha bisogno di alcuni accorgimenti rispetto ad un impianto normale ad acqua fluente in quanto deve permettere l’utilizzo dell’acqua a scopo potabile in tutte le circostanze. In questi casi l’impianto è dotato di un by-pass che consente l’erogazione dell’acqua anche quando l’afflusso alla turbina viene interrotto per manutenzione o riparazione della stessa. Nello stesso circuito di by-pass viene inserito un dissipatore di energia per consentire l’afflusso sotto pressione senza svuotare completamente la condotta. Le turbine per applicazioni su acquedotto sono realizzate in acciaio inox e qualificate e certificate per usi potabili senza alcun rischio di contaminare l’acqua.
La durata di impianti di questo tipo raggiunge anche i 50-60 anni. La meccanica delle turbine impiegate è, infatti, ormai consolidata da decenni e l’intero impianto, semplice nella sua costituzione richiede solo modeste manutenzioni programmate. Inoltre, l’uso di acque pulite che non richiedono sistemi di filtraggio, fa sì che la meccanica della turbina sia preservata da usure. Gli investimenti sono contenuti rispetto ai sistemi ordinari poiché buona parte delle opere impiantistiche sono già realizzate e disponibili. I tempi di rientro del capitale investito sono quindi piuttosto bassi (anche 5-6 anni a seconda della tipologia di impianto).
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