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Numero 2 – 2021

 

Dichiarazione annuale di consumo di energia elettrica per l’anno di imposta 2020

31 marzo termine ultimo per la trasmissione

 

I soggetti all’obbligo devono presentare entro il 31 marzo 2021 la dichiarazione di consumo per l’anno di imposta 2020.

Si consiglia di agire per tempo poiché, a differenza degli scorsi anni, le modalità per la presentazione della dichiarazione sono state cambiate. Da quest’anno infatti l’adempimento dichiarativo dovrà essere assolto in forma telematica, utilizzando esclusivamente la Nuova Piattaforma di Accoglienza per l’interoperabilità, sia nella modalità S2S – System to System sia in modalità U2S – User to System.

Si ricorda di ottemperare all’obbligo per non incorrere in errori e sanzioni (da € 500,00 ad € 3.000,00).

Polo Tecnologico per l’Energia fornisce da anni assistenza per i propri clienti e li segue in ogni passo nella procedura assicurando che la dichiarazione sia correttamente compilata e che venga inviata entro i tempi e le modalità previste.

Considerato che da quest’anno è cambiata la modalità di invio della Dichiarazione di consumo alle Dogane, PTE si è attrezzato per garantire un servizio quanto più possibile snello; il cliente dovrebbe solo accedere al portale delle Dogane con le credenziali SPID del Legale Rappresentante e compiere alcune semplici operazioni. Si tratta in sostanza di conferirci la delega per l’invio della Dichiarazione.

PTE rimane a disposizione per chiunque avesse bisogno di supporto nello svolgimento della procedura, tramite un servizio di assistenza dedicato.

 

Energivori: si ri-parte!

Aperto il portale per le dichiarazioni 2021 per le imprese che non avevano fatto la dichiarazione

 

Con la circolare n.6/2021/ELT, la CSEA ha disposto la riapertura del Portale per la presentazione delle pratiche per le imprese energivore per l’anno 2021.

Ricordiamo che l’Autorità ha ritenuto opportuno istituzionalizzare una “sessione suppletiva”, la quale costituisce una misura di “flessibilità” per le imprese che per cause alle stesse imputabili, non rispettino il termine perentorio attualmente previsto per la presentazione della dichiarazione necessaria per l’avvio del procedimento di aggiornamento dell’elenco energivori per l’anno successivo. A tale fine ha stabilito che il Portale venga successivamente aperto entro il 28 febbraio di ciascun anno n per l’attribuzione della classe di agevolazione applicabile al medesimo anno e che, per le imprese che accedono alla sessione suppletiva, il diritto al riconoscimento delle medesime agevolazioni decorre dal 1° febbraio dell’anno n.

Sarà quindi possibile presentare le dichiarazioni per l’anno 2021 dal 26 febbraio 2021 fino alle ore 23:59 del 29 marzo 2021. Ricordiamo che questa iniziativa è rivolta unicamente alle imprese che non avevano presentato la pratica durante la prima sessione. Decorso comunque tale termine, in assenza delle previste dichiarazioni, decade il diritto al riconoscimento, per l’anno di competenza 2021, delle agevolazioni di cui al DM 21 dicembre 2017. Si prevede il pagamento di una quota fissa a copertura delle spese di gestione sostenute dalla CSEA pari ad € 300,00. A tal proposito, si ricorda che tale contributo è condizione necessaria per l’inserimento nell’elenco delle imprese a forte consumo di energia e non è in alcun caso rimborsabile.

 

Comunità energetiche al via

I passaggi principali per la costituzione

 

La Comunità Europea promuove il processo di decarbonizzazione del sistema economico e territoriale, agevolando la produzione, lo scambio e il consumo di energia prodotta principalmente da fonte rinnovabile, incentivando l’autoconsumo e la riduzione delle perdite energetiche.

Per raggiungere questi obiettivi occorre una radicale trasformazione del modello energetico tradizionale, abbandonando un modello di produzione di energia elettrica concentrata in pochi impianti di grande taglia alimentati da combustibile fossile, a favore della generazione distribuita da fonte rinnovabile.

In questa ottica rientra la direttiva europea 2018/2001 (nota anche come RED II) che chiede agli Stati Membri di favorire al massimo la possibilità di autoconsumare l’energia prodotta, introducendo le comunità energetiche per favorire la generazione distribuita attraverso l’unione di consumatori e produttori.

L’Italia non ha ancora recepito la Direttiva (il termine è il 30 giugno 2021), ma ha regolato il periodo transitorio con il DL 162/19.

Allo stato attuale, una Comunità energetica risulta essere una aggregazione virtuale di produttori e di consumatori con lo scopo di condividere e autoconsumare energia elettrica prodotta da fonte rinnovabile. Nei prossimi anni, le direttive europee prevedono un allargamento alla condivisione di energia termica ed energia elettrica prodotte contemporaneamente mediante cogenerazione.

Nello specifico, una Comunità d’energia rinnovabile (CER) è un soggetto giuridico costituito da consumatori finali e produttori di energia elettrica da fonte rinnovabile, appartenenti al medesimo vincolo geografico (definito come cabina elettrica secondaria MT/BT), la cui partecipazione è aperta e volontaria ed i cui azionisti o membri sono persone fisiche, PMI o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali. L’obiettivo principale di una CER è fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari.

Lo schema seguente mostra una possibile configurazione di comunità energetica.

 

 

La condivisione oraria dell’energia rappresenta l’autoconsumo virtuale che viene valorizzato ed incentivato dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA). Si parla di condivisione virtuale in quanto ARERA consente di compensare gli scambi di energia impiegando i sistemi di misura di contabilizzazione già installati, senza richiedere ulteriori infrastrutture fisiche, come eventuali reti elettriche private.

La costituzione di una comunità energetica richiede quattro passaggi principali:

 

1. Individuazione dell’area della CER (Comunità di Energia Rinnovabile) e degli autoconsumatori afferenti. Questo passaggio richiede l’identificazione dei soggetti produttori (titolari di impianti fotovoltaici, eolici, etc.) e degli autoconsumatori limitrofi con cui condividere l’energia. Tutti i soggetti coinvolti devono essere collegati alla stessa cabina di trasformazione MT/BT;

2. Costituzione della comunità energetica. Si tratta di definire un soggetto giuridico autonomo e controllato dagli azionisti/membri, con uno statuto o un atto costituivo che abbia, come oggetto sociale prevalente, il perseguimento di benefici ambientali, economici e sociali. La partecipazione deve essere aperta e volontaria con rispetto delle condizioni di un contratto di diritto privato;

3. Realizzazione degli impianti. Per questa attività occorre verificare la corretta procedura autorizzativa dell’impianto, presentare la richiesta di connessione al gestore di rete di competenza e verificare sempre il rispetto dei requisiti previsti per l’accesso al servizio, contenuti nelle Regole Tecniche del Gestore dei Servizi Energetici (GSE);

4. Richiesta degli incentivi al GSE. L’ultima fase prevede la richiesta di accesso al servizio di valorizzazione (incentivazione) dell’energia condivisa del GSE, secondo le modalità descritte nelle Regole Tecniche del GSE.

 

Per il periodo transitorio di recepimento della direttiva europea 2018/2001, sussistono i seguenti vincoli tecnici:

 

• potenza massima per singolo impianto pari a 200 kW;

• impianto realizzato dal 1° marzo 2020 ed entro sessanta giorni solari successivi alla data di entrata in vigore del provvedimento di recepimento della direttiva 2018/2001;

• connessione alla medesima cabina elettrica di trasformazione MT/BT.

 

A seguito del recepimento completo nella normativa nazionale si prevedono modifiche a tali vincoli.

I benefici economici riconosciuti alla comunità energetica sono costituiti da una tariffa incentivante ed una valorizzazione dell’energia condivisa:

 

• il valore della tariffa incentivante è di 110 €/MWh per 20 anni ed è applicata all’energia condivisa. Dal momento che gli incentivi sono autoescludenti, la tariffa incentivante del GSE risulta incompatibile con eventuali altri incentivi nazionali quali il sistema incentivante «Scambio sul Posto» o l’incentivo “SuperBonus 110%”;

• la valorizzazione dell’energia condivisa corrisponde a circa 8 €/MWh.

 

A titolo di esempio, si prenda in considerazione un impianto fotovoltaico da 15 kW, con le seguenti caratteristiche:

 

• produzione annua di energia elettrica dell’impianto fotovoltaico pari a 16.500 kWh/anno (ovvero 16,5 MWh/anno);

• consumo annuo di energia elettrica della Comunità Energetica 100.000 kWh/anno (ovvero 100 MWh/anno);

• contemporaneità virtuale tra l’energia immessa e quella consumata pari al 40%. L’energia condivisa risulta così 6.600 kWh (ovvero 6,6 MWh/anno), pari al 40% di 16.500 kWh.

 

I ricavi economici ottenibili da questo impianto sono costituiti da tre voci:

 

A. vendita dell’energia elettrica. Considerando un prezzo di circa 55 €/MWh, nel caso di cessione totale dell’energia, il ricavo è pari ad € 907,00 (16,5 MWh × 55 €/MWh);

B. valorizzazione dell’energia condivisa, pari ad € 53,00 (6,6 MWh × 8 €/MWh);

C. incentivo sull’energia condivisa, pari ad € 726,00 (6,6 MWh × 110 €/MWh).

 

I ricavi economici ottenibili da una comunità energetica ammontano complessivamente ad € 1.686,00 (voci A+B+C).

Nel caso invece in cui l’impianto avesse fruito di altri incentivi come, per esempio, il “Superbonus 110%”, il beneficio economico sarebbe di € 960,00 (voci A+B).

I primi modelli di comunità sono nati proprio nella nostra Regione, a partire dai primi anni del novecento, con autoproduzione tipicamente idroelettrica. Lo sviluppo non era guidato da imposizioni normative, ma da “spirito di comunità”, dovuto alla tradizione cooperativa ed a norme sociali che valorizzavano il territorio.

Nel tempo sono subentrati obiettivi individualistici (risparmio sulla bolletta e opportunità di lavoro), comunitari (indipendenza energetica, autonomia, incremento della coesione e della partecipazione), ecologici (riduzione delle emissioni, cambiamento dei comportamenti) e sociali che però nulla tolgono allo spirito iniziale che ha fatto nascere queste iniziative e alle quali l’Europa si è ispirata introducendo le comunità energetiche.

 

CO2 ai massimi storici

La speculazione ne approfitta e i prezzi dell’energia elettrica ne risentono

 

L’European Union Emissions Trading Scheme (EU ETS) è il sistema per lo scambio di quote di emissione di gas serra finalizzato alla riduzione delle emissioni nei settori maggiormente energivori (elettricità, cemento, acciaio, alluminio, laterizi e ceramiche, vetro, chimica, aviazione, etc.) nell’Unione europea.

Dal 2013, salvo eccezioni legate alla tutela della competitività sui mercati internazionali dei settori manifatturieri, l’assegnazione delle quote agli impianti avviene a titolo oneroso attraverso piattaforme d’asta gestite da mercati regolamentati (European Energy Exchange – EEX con sede a Lipsia e ICE Futures Europe – ICE, con sede a Londra).

I produttori di energia elettrica e gli impianti che si occupano di cattura, trasporto e stoccaggio di CO2 devono approvvigionarsi sul mercato delle quote necessarie per coprire il proprio fabbisogno di emissioni. Manifattura e aviazione ricevono parte delle quote a titolo gratuito e ricorrono alle aste per la parte rimanente. I soggetti finanziari invece (banche, società di investimento e intermediari finanziari) partecipano alle aste contribuendo ad aumentare la liquidità del mercato primario e secondario.

Lo scopo finale è scoraggiare le attività inquinanti come le centrali a carbone e in futuro l’attenzione sarà rivolta alle centrali a gas metano.

Dal 2018, la quota di emissione è classificata come strumento finanziario ai sensi delle disposizioni del pacchetto MiIFID II, cosa che ha fatto entrare gli hedge funds. Con l’entrata degli hedge funds sono cominciate le manovre speculative e dei meccanismi di trading basati su algoritmi finalizzati all’aumento dei prezzi e, anche se può essere condivisibile un incremento dei prezzi per incentivare riduzioni tali da poter conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione, le ricadute economiche sui prezzi dell’energia elettrica sono molto pesanti.

Il prezzo della CO2 è l’unica variabile ad aver risentito solo parzialmente della crisi legata al Covid-19. Ad eccezione del primo trimestre in cui le quotazioni hanno evidenziato un trend in calo ha infatti seguito un andamento diverso rispetto alle altre commodities e da giugno è iniziata una crescita continua fino a fine anno con medie mensili oltre i 30 € a tonnellata a dicembre 2020.

Gli hedge funds, con operazioni finanziarie di trading e strategie speculative, sono ritenuti i responsabili degli aumenti. Solo in parte hanno influito la vittoria di Biden, l’esito della Brexit, l’arrivo dei primi vaccini contro il Covid e l’annuncio della Commissione europea riguardo il ritardo delle aste governative della CO2 per il 2021 che preannuncia un vuoto di offerta.

Per comprendere meglio le dinamiche descritte e le conseguenze sui prezzi dell’energia elettrica, si riportano i seguenti grafici:

 

• Correlazione PUN Baseload – Spot CO2

• Correlazione futures energia elettrica – Futures CO2

 

 

Si può notare la correlazione in alcuni casi diretta tra i futures dei prezzi dell’energia elettrica e quelli della CO2 e un legame meno diretto con i prezzi spot (PUN – Prezzo Unico Nazionale della Borsa elettrica).

Si può anche notare il valore di circa 40 € a tonnellata raggiunto dai futures e dai valori spot della CO2., valore molto elevato che sta avendo conseguenze sui prezzi dell’energia elettrica e sulla gestione delle centrali a carbone e a gas. L’obiettivo del meccanismo di favorire la transizione energetica tramite la via delle aste per la CO2, deve però essere a medio e lungo termine e deve avere tempi compatibili con l’adeguamento degli impianti industriali e con l’implementazione di soluzioni alternative efficienti.

 

Accise energia 2020 in deficit

Rispetto al 2020 mancano 5 miliardi di euro, pari al 15% in meno

 

Dagli ultimi dati diffusi dal MEF – Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento delle Finanze sui dati delle entrate tributarie da accise sull’energia, si può notare una differenza dal 2019 al 2020 di circa 5 miliardi di euro in meno.

Si riporta una tabella di sintesi:

 

 

Nel 2019 le entrate erano state pari a 32 miliardi 694 milioni di euro, mentre nel 2020 sono state pari a 27 miliardi 787 milioni di euro, ben 4 miliardi 907 milioni di euro in meno (calo del 15%).

La flessione delle entrate tributarie riflette sia il calo dell’attività economica, sia gli effetti delle misure adottate dal Governo in corso d’anno per fronteggiare l’emergenza sanitaria. Va anche osservato che già a partire dal primo semestre 2020, l’andamento delle entrate tributarie è stato influenzato dagli effetti del Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23, che ha disposto il rinvio dei versamenti tributari e contributivi per i soggetti esercenti attività di impresa, arte o professione.

In seguito alla seconda ondata della pandemia nei mesi autunnali, con i cosiddetti decreti ristori vi sono state altre misure di proroga dei versamenti tributari.